Twitch ha recentemente annunciato che collaborerà con Streamlabs, uno dei software che implementano le funzioni della piattaforma di streaming, per lanciare il suo personale Streamlabs Studio, consentendo così agli utenti di Xbox Twitch di creare grafiche in sovrapposizione, avvisi e varie personalizzazioni sulla propria diretta.
Ma questo è stato solo l’inizio di uno degli effetti boomerang più deflagranti della storia recente di internet e del branding in generale.

Infatti, immediatamente dopo la notizia riportata da Twitch, Streamlabs è stata citata da altre piattaforme simili con accuse di plagio sia della parte software che relativamente al marketing.

Ma andiamo con ordine: Parliamo di OBS

OBS (o Open Broadcaster Software) è un software di streaming open source online dal 2012.

Da allora Streamlabs ha sviluppato SLOBS, un vero e proprio “fork” (progetto sviluppato sulla base di un altro) del software di OBS che logicamente non è stato né approvato né supportato dal team OBS, nonostante l’assonanza porti a pensare questo.

Come raccontano alcuni sviluppatori di OBS via Twitter: “A ridosso del lancio di SLOBS, Streamlabs ci ha contattato sull’utilizzo del nome OBS. Abbiamo gentilmente chiesto loro di non farlo ma l’hanno fatto comunque e hanno depositato lo stesso il marchio.”
Il grosso problema, infatti, è la confusione che si genera intorno ad utenti e aziende che non riescono a capire la differenza tra le due App. Il customer care è spesso raggiunto da persone che si lamento dei servizi del competitor, addossando la colpa all’azienda sbagliata.

Sebbene legalmente Streamlabs abbia adempiuto ai termini di licenza pubblica di OBS, gli sviluppatori che hanno creato il codice originale affermano che Streamlabs ha volutamente ignorato lo spirito dell’open source, un sistema nato senza scopo di lucro per un’accesso gratuito ai servizi.

Ma non finisce qui

Anche Lightstream, altro produttore di app di live streaming, ha preso la palla al balzo e in un tweet del suo CEO Stu Grubbs ha accusato l’azienda di appropriazioni di altro tipo.

“Il team di Streamlabs dovrebbe vergognarsi. Non soddisfatto di cavalcare il duro lavoro di OBS, ora copia il nostro sito, la nostra UX di prodotto e persino le parole utilizzate.” Per rendere l’idea, persino le recensioni degli utenti sono identiche a quelle raccolte da Lightstream nel proprio sito web.

Oltre alle App anche alcuni creatori di contenuti digitali hanno sottolineato come la grafica stessa di Streamlabs sia stata copiata.

Una quantità assordante di accuse che ha portato ad un sollevamento popolare. Le community, guidate dagli streamer più famosi su Twitch, hanno iniziato a minacciare la piattaforma stessa di boicottaggio nel caso Streamlabs non avesse risolto la questione.

La pezza

La risposta non si è fatta attendere ma per molti la pezza è sembrata peggiore del buco.

Un comunicato che è sembrato un modo semplice di chiedere scusa, utile solo a tentare di tamponare l’emorragia di utenti che di ora in ora stava abbandonando l’app in favore dei competitor sopracitati.

A questo punto c’è da chiedersi: chi ha ragione?

Beh, la risposta non è così semplice come sembra. 

La legislatura in merito è molto articolata, ma diciamo comunque che il “copyright” è un istituto giuridico posto a tutela di chiunque crei un’opera d’ingegno di carattere creativo, ed essenzialmente svolge una funzione di protezione. Nel nostro ordinamento giuridico il termine “copyright” comprende l’insieme delle prerogative appartenenti all’autore che mirano a tutelare sia il Diritto di rivendicare la paternità dell’opera, sia il Diritto di utilizzazione economica dell’opera.

Non vogliamo addentrarci in un’analisi troppo specifica per valutare chi ha ragione, chi no o quale cavillo è stato sfruttato per proporre un prodotto così simile. Ci possiamo limitare a dire che anche i criteri di idoneità sonora e di simbolismo fonetico sono centrali per supportare l’identità di marca, e sono di solito un punto fondamentale per essere distintivi dai propri competitor.

In questo caso OBS e SLOBS sono palesemente e foneticamente sovrapponibili, quindi capiamo l’irritazione di OBS nel vedersi copiato il prodotto e la conseguente difficoltà nel gestire utenti che giustamente non riescono a separare le due realtà aziendali.

Perché quando si progetta un naming non conta soltanto il significato esplicito delle parole, ma anche la loro struttura linguistica in termini di fonetica e fonologia. Quindi non solo come è scritto il nome, ma anche il suono che viene pronunciato produce effetti di senso, perché esercita un impatto sulla percezione del pubblico.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

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