Qual è il segreto di Victoria’s Secret?

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Sono ormai passati più di due anni da quello che è stato a tutti gli effetti il tentativo di rebranding più ambizioso e spudorato della storia recente: stiamo parlando di Victoria’s Secret e del suo recente riposizionamento.

Il Brand degli Angeli

Victoria’s Secret non ha bisogno di presentazioni. Tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio degli anni 2000, il brand di lingerie (soprattutto in Nord America) è stato l’emblema dell’intimo raffinato, il capo di lingerie per eccellenza, il regalo perfetto da fare ad una donna per farla sentire supersexy.

Per l’appunto un regalo, fatto spesso da uomini e non comprato dalle donne per se stesse.

Questo perché la chiave del suo successo non era tanto nei prodotti, quanto nell’immagine scintillante che il brand dava di sé attraverso le sue testimonial: donne bellissime, icone di perfezione e sensualità, sempre sorridenti e prive di difetti tanto da essere definite gli “angelidi Victoria’s Secret.

“A nove giorni dalla sfilata bevo solo frullati di proteine, niente solidi. E' un intruglio che include uova polverizzate. A due giorni dalla sfilata, bevo quanta acqua voglio. Dodici ore prima della sfilata niente più liquidi”

-  Adriana Lima, testimonial Victoria’s Secret (2000-2018)

Il rebrand inclusivo

Proprio per questo nel 2021, dopo il calo vertiginoso delle vendite, l’azienda si è accorta di non essere più quel sinonimo di “must have” per le donne comuni, perché le donne comuni non erano più disposte a sposare quel tipo di racconto di un corpo a tratti irreale, basato su un’ideale di perfezione che ha completamente perso credibilità nel decennio passato.

Ed è su questi presupposti che si è deciso di operare il rebrand, focalizzato su “ciò che vogliono le donne“ e non più su quello che gli uomini vogliono per loro.

“I travestimenti che rendevano uniche e spettacolari le sfilate degli angeli erano l’espressione della cultura sessista dell’azienda e dei molti uomini che ci lavoravano, che vedevano le giovani donne intorno a loro come giocattoli con cui fare ciò che desideravano”

-  Vanessa Friedman, responsabile della sezione Moda del New York Times

Dopo aver perpetrato per anni uno standard di bellezza irraggiungibile per la maggior parte delle donne, e dopo un calo vertiginoso delle vendite, Victoria’s Secret ha così iniziato la sua transizione, archiviando definitivamente la rappresentazione perfetta (e sessualizzata) dei corpi femminili e intraprendendo un percorso molto più rivolto all’inclusività, una svolta radicale nell’identità della marca.

I nuovi angeli

Fu così che Victoria’s Secret decise di associare al proprio brand il volto di sette donne, con differenti taglie, note per le loro conquiste in vari settori: dal mondo del business a quello del giornalismo, ma anche modelle trans, plus-size, atlete e artiste.

A seguito di questa scelta sono nate diverse campagne volte a celebrare tutti i corpi, riunendo nomi del passato e del presente della moda, per un rappresentazione più moderna e potente della donna. La loro presenza doveva essere un modo per incarnare autenticamente lo spirito nuovo, la svolta verso il futuro.

Spoiler: non è bastato!

“La sensualità può essere inclusiva, può celebrare le diverse esperienze dei nostri clienti ed è su questo che ci concentriamo”

-  Greg Unis, presidente di Victoria's Secret
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Il cambio di rotta

Per due anni il brand ha lanciato messaggi volti a sradicare le associazioni mentali deleterie che le consumatrici facevano pensando a Victoria’s Secret. Sono state ideate frasi tipo “ti vediamo”, “siamo cambiati”, “è nostra responsabilità rendere il mondo un posto migliore”, claim molto ben congegnati ma che nel concreto non hanno fatto altro che sottolineare l’ipocrisia dell’intera operazione.

Forse il cambio di rotta è arrivato troppo tardi, forse non è stato fatto abbastanza o forse è semplicemente apparso poco convincente, considerato il ventennio precedente in cui mai c’era stato un solo accenno alla diversità e all’inclusività.

Sta di fatto che i consumatori non stanno premiando la rivoluzione dell’immagine aziendale.

“Nonostante i migliori sforzi di tutti, non è stato sufficiente per portare a termine il lavoro”

-  Martin Waters, A.D. di Victoria’s Secret fino al 2019
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Come stanno le cose oggi?

Seppur la teoria sia stata accolta positivamente dagli esperti, nella pratica il rebranding non si è tradotto in un aumento delle vendite. Come riporta la CNN, il marchio prevede un fatturato di 6,2 miliardi di dollari quest’anno fiscale, in calo di circa il 5% rispetto al 2022 e ben al di sotto dei 7,5 miliardi di dollari del 2020, e siccome tutto questa strategia era pensata per migliorare la redditività, i dirigenti hanno da poco deciso che la (nuova) strada giusta sarà quella di investire in altre categorie merceologiche: dall’abbigliamento sportivo a quello casual da casa, passando per maglioni, tute e felpe.

Inoltre i negozi saranno a loro volta rivoluzionati con un’illuminazione brillante e calda, arredamento elegante, atmosfera più accogliente e pareti di una delicata tonalità rosa per creare intimità con le proprie consumatrici.

“Victoria’s Secret è stata una specie di società patriarcale nel mercato di massa, uno spettacolo di intrattenimento per uomini che vogliono vedere belle donne in intimo e non un marchio pensato per le sue compratrici”

-  Victoria Bartlett, Stylist ex collaboratrice di Victoria’s Secret

In conclusione

Questa storia ci insegna principalmente una cosa: un Brand può decidere di raccontarsi come preferisce ma dovrà sempre farlo nei modi e nei tempi giusti, senza adagiarsi sugli allori, perché il cambiamento deve essere credibile, oltre che in linea coi tempi che corrono.

Ma questa storia ci racconta anche che oggi il consumatore non è più disposto a farsi dire da nessuno (persona fisica, marchio o stereotipo) cosa sia o non sia giusto per lui (o lei), cosa sia o non sia sexy, perché questa definizione è personale e ha a che fare con il sentirsi a proprio agio nella propria pelle, piuttosto che in uno specifico indumento.

Per quanto Victoria’s Secret staremo a vedere, anche se allo stato attuale il futuro non sembra esattamente roseo

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